Storia della Casa

L’edificio in via Nowowiejska 38 fu costruito intorno al 1882, quasi 30 anni prima che la famiglia Stein vi si trasferisse, come villa estiva per Adolph Sindermann – proprietario del birrificio Breslau. Era un edificio neoclassico a tre piani con un soppalco sopra il secondo piano, un seminterrato e un piano rialzato. Si distingue in modo significativo dagli altri edifici del quartiere per l’eleganza della sua facciata blu con elementi decorativi in arenaria gialla. All’interno, due scale simmetriche a forma di ventaglio con una struttura in metallo traforato e gradini in legno attirano sempre l’attenzione del visitatore.

Oggi l’edificio è circondato da edifici stretti, ma fino al 1810 il terreno faceva parte del villaggio di Polnisch Neudorf, appartenente all’Abbazia di Ołbin. Nel 1808 l’area fu incorporata a Breslavia. Il terreno su cui fu costruita la villa apparteneva originariamente al consigliere comunale Selbstherr. Nel 1855, Adolph Sindermann acquistò la proprietà con tutti gli edifici. A quel tempo, un giardino popolare e un ristorante-opera (poi, dal 1877, un teatro popolare) erano sul retro. Nel 1901, la numerazione delle strade fu cambiata e alla casa fu assegnato il numero 38. La strada portava già il nome di Michaelisstrasse (dalla chiesa di San Michele). La casa era di solito chiamata “Vier Türme”  e sotto questo nome figurava nelle rubriche di Wrocław. Sin dai primi anni del XX secolo, la proprietà di “Vier Thürme” si è sistematicamente ridotta a favore di nuovi edifici.

Nel 1910, Augusta Stein acquistò la villa con il grande giardino alle spalle e si trasferì con le sue tre figlie non sposate: Rose, Erna ed Edith. Poco dopo il figlio minore Arno con Marthe Kaminsky, sua moglie, venne a vivere alla Michaelistrasse 38. Presto fu Elfriede, che si separò da Solo Tworoger, a unirsi alla casa di famiglia con sua figlia Erike, di appena sette mesi. Paul e sua moglie Gertrude Werther vissero a Breslavia in 16 Yorckstrasse (ora via Jemiołowa) dal 1901. Else e suo marito Max Gordon vissero ad Amburgo dal 1903.

«Qualche anno prima si era consumata la breve tragedia matrimoniale di mia sorella Frieda, e, non molto tempo dopo, Arno si era sposato. […] La grande casa in cui eravamo andati ad abitare poco dopo le nozze di Frieda era stata costruita per due famiglie; separata verticalmente, aveva due diverse rampe di scale. Arno e Martha vennero accolti in questa casa. Per un certo periodo abitammo insieme nella parte più spaziosa e affittammo quella più piccola. Successivamente la coppia di sposi andò ad abitare in quella più piccola, e mia madre, con le sue quattro figlie e la nipotina Erika in quella più grande.» (Edith Stein, Storia di una famiglia ebrea, traduzione dal tedesco di Barbara Venturi, Citta Nuova Editrice, Roma 1992, p. 93)

Questa configurazione cambiò nel 1920 quando Erna sposò Hans Biberstein ed andaronoad abitare al terzo piano. Nel 1928 Arno e la sua famiglia (che all’epoca avevano 4 figli) sono andati a vivere nel loro proprio appartamento fuori della casa familiare. Nel 1933 i Biberstein lasciarono la casa di famiglia e si stabilirono in una casa nella zona residenziale, ed anche Edith lasciò la casa per sempre, entrando nel Carmelo a Colonia.

Non sappiamo quanto Augusta Stein abbia pagato per la villa… l’importante è che si trovasse vicino al deposito di legno dove andava ogni giorno, anche in età avanzata.

L’impressione che la casa fece all’epoca è ben illustrata nella descrizione della nipote di Edith – Susanne Batzdorff:

„La casa era lì, solida, e si notò questa costruzione piuttosto elegante e opulenta nel mezzo di un noioso complesso di edifici, abitata per lo più da famiglie della classe operaia o della piccola borghesia. La facciata era decorata con motivi a stucco e di fronte si estendeva, su entrambi i lati della casa, un piccolo giardino, circondato da una griglia in ferro battuto con un cancello.“ 

 (Susanne Batsdorf, Edith Stein ma tante, Traduzione di Cécile Le Paire, Éd. Lessius; Éd. Racine, Bruxelles 2000, p.89 (Traduzione propria)

Edith evoca la sorpresa della sua amica Julie Heimann, invitata per la pausa degli esami orali il 3 marzo 1911 «per le ultime revisioni e per rilassarsi»:

„Espresse più volte la sua meraviglia per aver trovato una casa tanto bella in un quartiere poco raffinato come quello. Furono soprattutto l’ampia scalinata interna in quercia e la “sala” in cui la ricevetti ad impressionarla. Mangiò di gusto dopo che una delle mie sorelle ci ebbe portato due tazze di cioccolata e qualche biscotto per la seconda colazione. […] La visita a casa nostra le fece evidentemente grande impressione; ad ogni modo, la sua amica Toni Hamburger, a cui l’aveva raccontata, ne ricordava i particolari anche dopo diversi anni”. (Edith Stein, Storia di una famiglia ebrea, traduzione dal tedesco di Barbara Venturi, Citta Nuova Editrice, Roma 1992, p.161)

Per 17 anni – fino al 1928 – Arno, Martha e i loro quattro figli – Wolfgang, Eva, Helmut e Lotta, occupavano la parte sinistra del primo piano. Il loro appartamento aveva la camera da letto dei genitori, due camere da letto per i bambini, la cucina e la sala da pranzo. Dall’altra parte del primo piano c’era Erna Stein, laureata in medicina all’Università di Wroclaw, che aveva la sua studio ginecologico in due stanze adiacenti. Dietro la casa, dietro l’ufficio di Erna, c’erano la cucina e la sala da pranzo di Augusta Stein.

Il secondo piano era il più impressionante. L’ampio soggiorno con parquet intarsiato era un luogo per riunioni di famiglia, feste ed occasioni speciali. Per il matrimonio di Erna ha accolto un centinaio di persone. Accanto c’era una sala per uomini che fungeva da sala fumatori. Sullo stesso piano c’erano le camere da letto di Augusta, le sue figlie e sua nipote. C’era anche un bagno riscaldato.

Al terzo piano c’erano un attico e una dispensa. C’erano anche delle stanze che venivano usate o affittate. Ad un certo punto, prima del 1920, Erna ed Edith ne occuparono una. A volte Augusta affittava stanze ai lavoratori della sua ditta.

“Alla fine del suo primo anno di studi all’Università di Breslavia, la zia Edith si rese conto che la sua ricerca intellettuale la portava altrove. Sarebbe andata a Gottinga per studiare con Edmund Husserl, il fondatore della fenomenologia”. (Susanne Batsdorf, Edith Stein ma tante, Traduzione di Cécile Le Paire, Éd. Lessius; Éd. Racine, Bruxelles 2000, p. 100. (Traduzione propria

Tornò sempre per le vacanze e fece anche soggiorni più lunghi durante la guerra e in seguito, tra il 1918 e il 1922. Ciascuno di quei soggiorni di Edith nella casa di famiglia fu una grande gioia per i suoi abitanti, in particolare per Augusta Stein: “Per me, mia madre – per la gioia di stare con lei – mi ha dato una grande “stanza” al primo piano come sala di studio”, racconta Edith in “Storia di una famiglia ebrea”. È nel salone che Edith studiava e riceveva ospiti. L’ultimo soggiorno a casa, durò sette mesi ed ebbe luogo nel 1933: è da qui che poi partirà per entrare nel Carmelo dopo aver festeggiato il suo compleanno ed aver salutato tutta la sua famiglia…

„Quando mia nonna morì nel settembre del 1936, la casa rimase alle mie zie Frieda e Rosa che ne affittarono parte a vari inquilini. Nel 1939, per la nuova legislazione restrittiva che proibiva agli ebrei di possedere beni immobili, dovette essere venduta ad un “ariano”. […] Così un imbianchino, di nome Oskar Jandel, acquistò la casa per 20.000 marchi (equivalenti a $ 8.000 al momento). A quel tempo, gli altri membri della famiglia stavano continuando attivamente la loro emigrazione. Rosa era già partita per il Belgio, dove doveva fare l’economa in un collegio cattolico che stava aprendo […] Mia cugina Erika Tworoger, figlia di zia Frieda, si era imbarcata per quella che allora era la Palestina, per studiare … Restava solo Frieda, che si trasferì in un appartamento con molte altre donne. Successivamente, gli ebrei furono costretti a limitare ulteriormente il loro spazio vitale prima di essere deportati, ad est, a Theresienstadt, dove la maggior parte morì di fame o di malattie infettive, o ad Auschwitz, dove furono gassati “. (Susanne Batsdorf, Edith Stein ma tante, Traduzione di Cécile Le Paire, Éd. Lessius; Éd. Racine, Bruxelles 2000, p. 96 (Traduzione propria)

1945-1995

Dopo il 1945, Oskar Jandel, proprietario della casa, scomparve e divenne proprietà dello Stato polacco. Nel 1951, la città di Wrocław la donò a una dita cinematografica – Odra-Film. Questa l’adattò alle sue esigenze come centro di formazione e casa studentesca. A partire dal 1991, l’edificio era praticamente inutilizzato e andò lentamente in rovina. Dalla sua fondazione nel 1989, l’Associazione Edith Stein (che ne affittava una stanza) cercò di acquistare e restaurare la casa. Riuscì a far riconoscere la casa come monumento storico il 12 dicembre 1990.

Il 9 agosto 1992, in occasione del cinquantesimo anniversario della morte di Edith Stein, una targa commemorativa, in polacco, tedesco ed ebraico è stata apposta sulla facciata della casa a destra della porta d’ingresso, ricordando che Edith Stein visse lì dal 1910 al 1933. Questa targa si trova nel luogo in cui, prima della guerra, era fissata l’insegna del medico di Erna Biberstein.

A quel tempo, l’Associazione non poteva iniziare i lavori di ristrutturazione, perché l’edificio apparteneva ancora alla società “Odra-Film”. L’unica soluzione era ricomperare la casa. A tal fine, l’Associazione intraprese una raccolta di fondi. Nel 1995, la città di Breslavia fu in grado di effettuare una transazione immobiliare con la quale la società Odra-Film accettò il terreno nel centro della città che apparteneva al comune, in scambio della casa di Nowowiejska 38.
L’ipoteca sulla casa era pesante, ma grazie al sostegno ed all’impegno di molte persone, delle autorità, delle gerarchie ecclesiali e delle organizzazioni non governative in Polonia e Germania, l’Associazione fu in grado di rimborsare i debiti ipotecari e di restaurare la casa.

La ristrutturazione è iniziata nel 1996. La casa ha assunto un aspetto completamente nuovo. Fu aggiunto un piano, protetto nella parte anteriore da un pannello di vetro. Questa idea, inizialmente molto innovativa e controversa, in seguito ottenne un ampio riconoscimento e persino un’ulteriore dimensione simbolica – marcando la differenza tra la vecchia e la nuova essenza della casa. Oggi possiamo vedere che le due parti si combinano armoniosamente in un nuovo insieme. Grazie al nuovo piano, sono state costruite camere ed uffici aggiuntivi. In precedenza, era possibile passare dall’enorme porta d’ingresso al cortile, ma dopo la ristrutturazione questo è stato chiuso dal pozzo dell’ascensore, aggiunto sul lato giardino, grazie al quale la casa è accessibile alle persone disabili. Una bella veranda è stata costruita attorno al pozzo dell’ascensore. Dalla veranda una scala scende nel giardino dove il magnifico ippocastano, testimone dei tempi di Edith Stein, offre uno spettacolo diverso per ogni stagione dell’anno.

Anche la doppia porta originale e l’interno della storica scala traforata sono stati restaurati. La scultrice Alfreda Poznańska, professoressa all’Accademia di Belle Arti di Breslavia, ha realizzato un cartiglio situato sopra la finestra centrale anteriore – una foto d’archivio conservata che testimonia l’esistenza precedente dei personaggi in questo luogo. Sono state ricreate figure allegoriche, ma non è stato possibile leggere l’iscrizione o il disegno sul medaglione tra le figure, perché la foto era sfocata. Fu deciso di fare riferimento al nome della vecchia via (Michaelisstrasse) e alla chiesa parrocchiale (Michaeliskirche), il cui patrono era San Michele, posizionando la scritta “MICHAEL” sul medaglione. Questa parola ha un ulteriore significato simbolico, perché in ebraico significa: “Chi è come Dio?” Allo stesso tempo, la semplicità della forma e la ricchezza del contenuto si sono incontrate in questa breve iscrizione. La cartuccia di gesso si trova nella casa di Edith Stein.

Negli anni seguenti le sovvenzioni per il restauro provennero tra l’altro dai fondi del Ministero della Cultura, il curatore municipale dei monumenti nella città di Wrocław, dall’ufficio del maresciallo del Voivodato della Bassa Slesia, e da fonti tedesche – dai fondi raccolti dal Caramelo a Colonia e dai vescovadi tedeschi. Nel giugno 2001, due mobili originali appartenenti alla casa sono stati regalati dai familiari di Erna e riportati dagli Stati Uniti.